© by TeleVideoItalia.de - Rotocalco italiano in Europa - Portale TV Stampa di Angela Saieva. Ogni anno a Naro, il 18 Giugno, la festa caratterizzata dalla processione di fine raccolto fa sí che la statua del Santo Nero viene portata in processione dalla chiesa di San Calogero a Naro alla chiesa della Madrice con una straula (carro) tirato dai fedeli, per mezzo di due corde lunghe ciascuna cento metri.
A duemila e trecento chilometri di distanza dalla terra sicula, le cose non cambiano. Si é tenuta Sabato 20 Giugno a Pforzheim la festa di San Calogero di Naro, la manifestazione religiosa piú sentita dei naresi. La Cittá, che ospita il maggior numero di naresi emigrati, ha beneficiato del tradizionale evento. Fin dal primo pomeriggio chi ha fatto un voto si é recato in “viàggiu” (pellegrinaggio) portando delle ceste colme di pane nella Barfüßerkirche dove, una copia della statua di San Calogero di Naro in forma piú piccola rispetto a quella originale, é custodita da piú di quarant’anni. La statua del Santo é stata cosí venerata, portata in processione e festeggiata anche se il tutto in forma molto ristretta.
La messa solenne davanti al Santo é stata celebrata dai parroci della Missione Cattolica Italiana p. Wieslaw Baniak e p. Rocky (Maria Arokiadoss Antonyraj). Dopo la messa la folla si é portata in strada per la tradizionale processione della vara portata in spalla dai devoti. Tutta la processione è stata scandita dalle urla dei fedeli al grido di "Viva Diu e San Calò". É stato facile trovare anche persone che hanno fatto tutta la processione a piedi scalzi. Infine la venerata statua é stata fatta rientrare in chiesa, dando inizio alla benedizione e distribuzione del pane. É indescrivibile vedere cosí tanti credenti che per devozione si affollano a prendere quel tozzo di pane, strappato a piccoli pezzi. É una festa dettata dalla tradizione. Il pane lavorato in varia maniera rappresenta spesso le diverse membra del corpo miracolato come: u vrazzu (il braccio) u pedi (il piede) a testa (la testa) u cori (il cuore) a manu (la mano) a gamma (la gamba) e perfino u picciliddu (il bambino). Ad altri viene semplicemente data la forma di rosa o di piccoli pani rotondi segnati da una croce detta “rrosellini e panuzzi”. Vengono posti sotto l’altare avvolti da tovaglie ricamate, in attesa che vengono benedetti e spartiti da chi ha fatto il voto alle persone presenti e portati a casa agli ammalati.
Compiaciuti si dicono i due parroci della Missione Cattolica Italiana di Pforzheim. La Chiesa era colma come non mai. Vedere cosí tanti fedeli riuniti in questo giorno ci commuove, osserva p. Wieslaw Baniak, del resto l’ho sempre detto che questo é un pezzo di patria in Germania. Li comprendo e condivido la loro fede. É il loro Santo protettore e in parte é la loro festa e cosí facendo si sentono a casa. Straordinario é stato quando abbiamo fatto la benedizione e visto l’impegno di come avveniva la distribuzione di questo pane. Al quanto curioso é stato anche il fatto che, al momento di uscire la vara in strada la pioggia é cessata di colpo. Quasi come se il Santo si sia rivolto a nostro Signore chiedendo di chiudere per un po il suo “rubinetto”.
Conclusa la parte celebrativa in ca. 300 si sono riversati nella Nagoldhalle a Dillweißenstein, dove canti e balli hanno aperto i festeggiamenti. In sala, la parte musicale é stata diretta da un duo musicale capitanato da Guido Gioffre. Impeccabile é stata la loro performance che ha trattenuto senza problemi i festeggiamenti fino alle prime luci dell’alba. Non é mancata la tradizionale benedizione fatta dai parroci p. Wieslaw Baniak e p. Rocky e mangiata di “maccarruna” con le mani che ricorda i diversi paesi della Sicilia quando, nel lontano passato, il lungo itinerario processionale ne attraversava ben due di paesi. Era una processione senza musica, un pellegrinaggio penitenziale che si arrestava solo per le soste di benedizione e di spartizione del pane. I portatori, arrivati alla Casazza (il punto più alto del paese) venivano rifocillati con una madia di pasta fresca con il sugo di pomodoro e foglie di basilico detti appunto: i maccarruna ccu sucu (i maccheroni col sugo).
La storia racconta che, la proclamazione di San Calogero a Patrono di Naro risale al 1.626, anno in cui il santo ottenne la grazia da Dio per porre fine al flagello della peste che colpí tutta l’isola facendo una strage. Nel 1693 un terremoto in tre giorni distrusse più di sessanta paesi mietendo sessantamila vittime. Naro ne fu preservata e la popolazione riconobbe la palese protezione del suo Patrono. La festa di San Calogero di Naro cade a Naro a data fissa, il 18 Giugno, giorno in cui si dice sia morto sul monte Kronio. É una festa ciclica e dura esattamente due mesi, quanti ne occorrono a compiere i lavori agricoli nei campi: mietitura, trebbiatura ed ammasso delle paglie per il foraggio invernale degli animali. San Calogero monaco eremita, venerato come santo dalla chiesa cattolica e da quella ortodossa, é patrono anche di moltissimi altri paesi della Sicilia come Porto Empedocle, Sciacca, Frazzanó, San Salvatore di Fitalia, Cesaró, Favara, Bivona, Petralia Sottana, Campofranco, Canicattí, Realmonte, Aliminusa, Santo Stefano Quisquina, etc. ma la storia vuole che, da quando Papa Clemente VII nel 1598 approvò le celebrazioni della festa di san Calogero in tutta la Sicilia, la festa principale e che ha assunto nel tempo grande rilevanza religiosa e culturale é quella del San Calogero di Agrigento, dove si aggiunge il fatto che nella medesima zona dove sorge la Chiesa Santuario di San Calogero, abbia soggiornato nel V secolo il veneratissimo Santo. Il servizio televisivo, redatto in collaborazione con la SDA FotoVideo, é visibile su televideoitalia.net/intervistelive e www.corriereditalia.de
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